Il nostro faro
Mamma, la casa trabocca
ancora di te
ma tu te ne sei andata silenziosa
senza voltarti indietro,
sei volata sopra le nuvole
come una colomba santa.
Ti pensiamo colma
di un amore così grande:
tutti ci ha riempito il latte
del tuo cuore. I nipoti
ti baciavano come una madonna,
i figli erano incoronati
di bontà seminate
dai tuoi occhi buoni.
Faceva tanto freddo una volta
il pane pochino, le vesti cucite
insieme ai geloni…
Ma tu non ti lamentavi,
mai ti ho sentita inveire
alla vita, calunniare nessuno.
Sei stata una buona mamma
una brava sposa
anche quando il chiaro di luna
riempiva il piatto del suo condimento.
Arde il fuoco nel focolare,
baccano di galosce sotto la tavola,
polenta e latte caldo
terrine di verze appena tagliate,
sbatacchiare di cucchiai
di piatti, di sguardi pieni
d'amore. E prima di andare
a dormire, tutti a prendersi
la benedizione del Signore.
Di Luigina Bigon
Lasciami credere madre
Mia madre è morta?
Sì, morta!
Ma lo spasimo
era tuo
madre
quando giacesti
nel lenzuolo bianco
vestita di dolore.
Guardavo ai tuoi occhi
lontani
perduti nel vuoto
e non sapevo
d’esserti figlia
d’essere io stessa
madre
di te
di me
così carne
così sangue
in quel letto
di morte.
Urgeva in te
l’acquietarsi delle ombre
tra le corone d’alabastro
e le mani abbandonate
intatte orme del tuo essere
agnello per sempre.
Mio fu il sangue
coagulato nelle tue vene
e l’incavo delle tua ossa inermi
mio il sonno che ti colse
e con te m’inoltrai nell’abisso
inconsapevole d’esistere.
Lasciami credere
madre
che la mia anima slavata
non sia polvere di giunco
ne terra di passione,
lasciami credere ancora una volta
che la mia anima accarezzi
le foglie del tramonto
come rosso fuoco d’argilla
e salga un canto di me
che esisto,
fuoco del tuo fuoco
quando mi baciasti
la prima volta
e il tuo seme mi raggiunse
in quell’alba che fu solo d’amore.
Ed io gettai le reti miracolose
ma rimasi affamata
nel seno della morte
quando le rose di creta
fiorirono all’orizzonte
e mi colse il pianto.
Lasciami credere
madre!
Di Luigina Bigon - 4 maggio 1997
Madre
Avvolto da sottile bruma
il tuo ricordo continua a vivere in me,
perenne crepa che al crepuscolo
m'avvolge:
il distacco disseminato ha,
lungo i lustri,
folla di emozioni folte
guarnendo la memoria ingombra
di mestizia...
Lievita nel tempo
la memoria che nomade
alfin ritrova il perno:
promessa inerme ch'attende
il riapparir del tuo richiamo...
Di Rosa Maria Di Falco
La mamma
Quella notte
c’erano gli angeli.
Ero seduto accanto a mia madre
dormiva,
mi addormentai,
sognai
di quando ero bambino,
correvo, la chiamavo,
mi accolse
tra le sue braccia.
Indossava un vestito…
un cappello…
di altri tempi;
stupore…
poi altre cose
altri sogni
reminiscenze?
Erano angeli
quelle persone.
Fu così che mi allontanai
dal suo letto
all’ospedale.
Quando tornai
non c’era più.
Come era grande
quel vuoto!
Avrei voluto dirle qualcosa,
sentirla,
mostrarle pagine
scritte da me…
quanti egoismi,
inutili attese!
Che avrebbe detto?
Quel silenzio
era più grande
di tutto.
Scriverò di un paradiso,
un cane, un treno,
un campo di fiori
pieno di sole
che non ferisce,
dove incontrarti.
E lì ti vedrò…
quell’abito, quel cappello…
mi verrai incontro,
anzi correrai
ora… ragazza
e io
vedermi correrti incontro…
sarò più vecchio di te.
Mi abbraccerai.
Ancora sto a bocca aperta
a guardarti…
quell’abito,
quel cappello d’altri tempi…
quante ore trascorse
in un solo istante!
Quante domande
rimaste in sospeso!
Me l’avevano detto:
“vedrai…”
Si fa buio
sempre di più;
non c’è più nessuno.
Eri stanca,
non avresti mai dovuto
essere stanca.
Madonna che buio!
Il cane abbaiava
ma a che cosa?
Anche gli angeli
se n’erano andati.
Di Alberto Liguoro
A mia madre
Ora che il sole annega all’orizzonte,
un grido sordo lacera la terra
ad annunciare nuove luci ed ombre
eppure, ancora, si sfrangiano le nuvole
abbracciate a tramonti incandescenti
nell’ora che declina e che c’inganna
(non getterà veleno l’oleandro
né la sprezzante dathura).
Adesso, non ha più latte il seno
che nutriva la vita e vuoto
il grembo tuo rinasce a nuove attese
ma è diventato logoro lo sguardo
che aveva guizzi di gazzella in fuga
e timida incrina il volo la carezza
della tua mano stanca, madre,
sempre in attesa.
Di Mara Faggioli
Mamma
Mamma!
Tuo è il mio respiro, tuoi i miei occhi,
tue queste mie parole.
Rimembro quand'ero sopra i tuoi ginocchi,
la testa adagiata sul bianco seno,
imparavo le prime parole.
La prima, come un belar, fu "Mamma!"
Che bella parola, che dalla fiorita terra s'innalza al sole,
baciando ogni cosa, ogni core.
Che tremito! Che emozione! E' tutto una fiamma!
Mamma! Tu, il mio conforto, il mio più bel fiore!
Il tempo imbianca i monti, il crine.
"Mamma!" sarà l'ultima parola alla fine.
Di Giovanni Teresi
In morte di mia madre
D’improvviso
Il tuo malato cuore
ha cessato di battere e la tua anima
oltre il concavo cielo s’è involata
lasciando questa landa di dolore
per la pace eterna
da te tanto agognata.
Avrei voluto esserti accanto
nell’infausto momento del malore;
mi sarei sfogato, avrei pianto
per te che mi cullasti con amore.
Malgrado l’intenso dolore
mi è stato di conforto
averti potuto riabbracciare
- un mese prima -
della tua subitanea morte
e ringrazio il Signore
per avermelo concesso.
Per me che vivo sotto altri cieli
da più di otto lustri, o madre cara,
eri l’unica consolazione
alla mia solitudine
alla mia esistenza amara.
A te devo il dono della vita,
dell’altrui rispetto e della rettitudine
ora che non ci sei più mi sento
come una pecorella smarrita.
Fino all’ultimo battito
del mio esule cuore
immutato rimarrà, o madre,
il mio filiale amore
Di Salvatore D’Aprano
La primavera ti portò via
La primavera ti portò via
Dopo lunghi inverni di profonde
Sofferenze e dura malinconia,
Oh! dolce cara lontana mammina mia!
Un gran dolore mi afferrò al cuore,
Al petto, allo stomaco e alla mente
Come quando ti lasciai per fare l’emigrante!
Quanti chilometri di lettere
E fili di telefono attorcigliati al cuore,
Tanti infiniti sospiri e pianti,
Ma abbiamo costruito un ponte
Che ci ha sempre tenuti avvinti.
Adesso questo ponte è crollato,
L’ha spezzato il tempo con gli anni
Sulle tue esili spalle curve
Ed io mi ritrovo qui da sola,
Anche se tra la folla come sempre,
A combattere il mio urlo straziante
Che rimbomba di continuo nel mio cuore,
Come quando ti lasciai per fare l’emigrante!
Adesso sento che mi sei più vicina,
Un’ombra sottile aleggia al mio fianco
E t’immagino bella come quando ti ho lasciato.
Guardando questo cielo azzurro australiano,
Ti vedo su d’una nuvoletta che mi viene incontro,
Ti vedo tra un tappeto di stelle e ti riconosco
Perché so che sei la più luccicante,
Sei la mia stella oh mamma del mio cuore,
E guiderai col tuo eterno grande amore
Questa povera tua figlia emigrante per errore!
Di Giovanna Li Volti Guzzardi
Madre
Con discrezione
e senza un sol lamento,
com’era tua abitudine,
o madre sei salita al cielo
alla chiamata del Signore
una sera d’autunno
senza un alito di vento
lasciando noi figli
con un incolmabile vuoto
e un indicibile dolore.
Eri una madre esemplare,
pia, di elevate virtù
e ci colmavi di tenerezza.
Negli ultimi mesi
della tua terrena esistenza,
avvilita dalla malattia
e benché circondata d’amore
ti sentivi menomata e inutile
per la perduta autonomia
ed eri stanca di vivere.
Ora che sull’altra sponda
hai finito di soffrire
e ritrovato il tuo sposo diletto,
riposa in pace, o madre,
e guida i nostri incerti passi.
Nei nostri cuori mai si cancellerà
il felice ricordo del tuo materno affetto.
A noi figli, affranti, non ci resta che dire:
Una madre non dovrebbe mai morire.
Di Salvatore D’Aprano
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